Cass., sez. VI, Ord., 24 aprile 2020 n. 8151
La Corte di Cassazione affronta nuovamente il dibattuto tema della legittimità di plurime azioni esecutive nei confronti di più condebitori solidali in forza del medesimo titolo esecutivo.
La Suprema Corte di legittimità formula il seguente principio di diritto secondo il quale “non viola gli obblighi di correttezza e buona fede e non contravviene al divieto di abuso degli strumenti processuali il creditore di due o più debitori solidali che, in forza del medesimo titolo, intraprenda un’azione esecutiva nei confronti di uno di essi dopo aver ottenuto, nei confronti di un altro condebitore, un’ordinanza di assegnazione ex art. 533 c.p.c., fintanto che quest’ultima non sia adempiuta dal terzo pignorato sino all’integrale concorrenza del credito azionato, fermo restando il divieto – la cui inosservanza va dedotta con opposizione esecutiva – di conseguire importi superiori all’ammontare del credito stesso.”
La vicenda può riassumersi come infra.
Una banca, creditrice di due coniugi, esegue un primo pignoramento nei confronti del marito, andando per l’appunto a pignorare una quota parte della pensione del medesimo; successivamente, intraprende una seconda procedura espropriativa nei riguardi della moglie, debitrice solidale.
A seguito della dichiarazione positiva del terzo (relativa alla prima procedura espropriativa), il Tribunale di prime cure emette l’ordinanza di assegnazione delle somme ex art. 533 c.p.c., in favore del creditore procedente.
L’istituto di credito cura anche la seconda procedura espropriativa ed il terzo continua ad accantonare le somme pignorate.
La debitrice solidale (nella specie, la moglie), ritenendo illegittima la seconda azione esecutiva, propone opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma II, c.p.c., formulando contestualmente istanza di sospensione del processo esecutivo instato, istanza che però viene respinta sia dal giudice dell’esecuzione che in esito al reclamo cautelare.
Il Tribunale di primo grado emette sentenza, la quale rigetta l’opposizione citata, confermata successivamente anche in grado d’appello.
Viene così proposto ricorso per cassazione, ove è dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c., con precisa doglianza circa l’omesso esame da parte della Corte d’Appello della censura relativa alla inapplicabilità dell’art. 483 c.p.c., ai condebitori solidali.
Con l’arresto in parola, dunque, la Corte di legittimità dichiara il motivo sia inammissibile per difetto di specificità, che manifestamente infondato.
Difatti, a ben riflettere, l’art. 483 c.p.c., si riferisce al cd. cumulo dei mezzi espropriativi nei confronti del debitore, mentre nel caso che qui ci occupa l’ambito riguarda lo specifico argomento delle obbligazioni solidali passive.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta anche una forte violazione dei principi di correttezza e buona fede ad opera del creditore procedente, quindi invocato il divieto di abuso degli strumenti processuali tutelato ai sensi dell’art. 111 della Carta Costituzionale.
La Suprema Corte dichiara anche detto secondo motivo inammissibile in quanto generico, ma applica ex officio l’art. 363 c.p.c., pronunciando il principio di diritto sopra meglio specificato.
In sostanza (ed in altri termini), viene chiarito come il principio invocato dal ricorrente – in sintesi, la buona fede – non è applicabile al caso de quo in quanto si riferisce all’ipotesi in cui un creditore intraprenda un’ulteriore azione espropriativa nei confronti del medesimo debitore ed in forza dello stesso titolo esecutivo, dopo aver già conseguito un provvedimento potenzialmente satisfattivo del credito vantato.
Nella fattispecie oggetto di commento, l’istituto di credito ha agito separatamente nei confronti di due debitori solidali, con l’evidenza che si riscontra certamente l’unicità del titolo esecutivo, ma non v’è assolutamente identità del soggetto esecutato.
Sempre nell’arresto in commento, viene evidenziato come l’assegnazione dei crediti pignorati presso un terzo non è immediatamente satisfattiva e che, pertanto, alla stessa non può attribuirsi alcun effetto limitativo della responsabilità solidale, avuto chiaro riguardo al fatto che ex art. 533 c.p.c., il giudice dell’esecuzione emette la relativa ordinanza “salvo esazione.”
Alla luce di quanto emerso, può concordarsi sul fatto che l’estinzione del diritto del creditore può realizzarsi solo all’effettivo ed integrale pagamento da parte del terzo (pignorato) di tutte le somme assegnate.
Infine, v’è da precisarsi (salvo il fatto che quindi l’unica preclusione è rappresentata dal conseguire più dell’ammontare del vantato credito) come il suddetto principio di diritto è conforme agli orientamenti giurisprudenziali di legittimità consolidatisi sia con riferimento all’assegnazione di crediti pignorati (cfr., tra le molte, Cass. 27 luglio 2017 n. 18719) e sia rispetto alla disciplina delle obbligazioni solidali passive (cfr., tra le molte, Cass. S.U., 18 giugno 2010 n. 14700).